Regolazione Raddrizzatore
Regolazione Raddrizzatore
Ciao a tutti.
Come qualcuno saprà ho appena fatto il patentino e quindi sono fresco fresco di manuale.
Mentre all'esame attendavamo il verdetto si è accesso un dibattito sul raddrizzatore.
Nel manuale si parla di REOSTATO (facendo riferimento al volantino sopra al raddrizzatore), quindi alcuni dicevano: resotato=potenziometro=resistenza variabile.
Io non ero molto d'accordo, sostenevo che il volante del raddrizzatore servisse per regolare il nucleo del trasformatore del raddrizzatore. Con lo stesso risultato, cioè la regolazione della corrente, ma variando la tensione e non la resistenza.
Anche perchè se ci fosse una resistenza variabile dovrebbe essere immensa...
Quando mi sa dire chi ha ragione?
<h3></h3>
Cinema Araceli - Vicenza - http://www.araceli.it/cinema
Come qualcuno saprà ho appena fatto il patentino e quindi sono fresco fresco di manuale.
Mentre all'esame attendavamo il verdetto si è accesso un dibattito sul raddrizzatore.
Nel manuale si parla di REOSTATO (facendo riferimento al volantino sopra al raddrizzatore), quindi alcuni dicevano: resotato=potenziometro=resistenza variabile.
Io non ero molto d'accordo, sostenevo che il volante del raddrizzatore servisse per regolare il nucleo del trasformatore del raddrizzatore. Con lo stesso risultato, cioè la regolazione della corrente, ma variando la tensione e non la resistenza.
Anche perchè se ci fosse una resistenza variabile dovrebbe essere immensa...
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- Antonio Marcheselli
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Beh, il volante del raddrizzatore non è certo una resistenza, dovrebbe essere enorme come dici te. Serve appunto a variare la penetrazione del nucleo ferroso all'interno delle spire del trasformatore e questo causa... boh, non me lo ricordo +!
Una volta mi ricordavo meglio il principio, lo studiai bene a Fisica al Liceo ma sono passati... Gasp, quasi 10 anni!!!! Mamma mia!!!
Vado a ristudiarmelo, di tutti i libri ho conservato appunto quelli scientifici!!!
Ciao
A
Una volta mi ricordavo meglio il principio, lo studiai bene a Fisica al Liceo ma sono passati... Gasp, quasi 10 anni!!!! Mamma mia!!!
Vado a ristudiarmelo, di tutti i libri ho conservato appunto quelli scientifici!!!
Ciao
A
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Un raddrizzatore nuovo stile funzionerà di certo con SCR (tiristori) o almeno credo.
La corrente non viene traformata da alternata a continua con un trasformatore (quello funziona solo in alternata), con quello si alza o si abbassa la tensione.
Certamente quello c'è per abbassare la tensione ma poi, la corrente viene trasformata in continua con un ponte a diodi. Se ci sono dei tiristori (didi pilotabili) basta un potenziometro.
Il reostato esiste però nei raddrizzatori che hanno un semplice ponte a diodi per raddrizzare la corrente. Il reostato varia la tensione all'ingresso del ponte in modo da alzare o abbassare la corrente. legge di ohm: I=V/R; corrente più alta = tensione più bassa. R è la resistenza della lampada.
Non andare in Sbattimento
La corrente non viene traformata da alternata a continua con un trasformatore (quello funziona solo in alternata), con quello si alza o si abbassa la tensione.
Certamente quello c'è per abbassare la tensione ma poi, la corrente viene trasformata in continua con un ponte a diodi. Se ci sono dei tiristori (didi pilotabili) basta un potenziometro.
Il reostato esiste però nei raddrizzatori che hanno un semplice ponte a diodi per raddrizzare la corrente. Il reostato varia la tensione all'ingresso del ponte in modo da alzare o abbassare la corrente. legge di ohm: I=V/R; corrente più alta = tensione più bassa. R è la resistenza della lampada.
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- Antonio Marcheselli
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Beh, gli IREM tradizionali hanno un banalissimo ponte a diodi per raddrizzare la corrente. Forse i raddrizzatori Switching, che infatti (ovviamente) non hanno il volante ma un potenziometro comodissimo.
Peccato non sia altrettanto comodo sostituirli quando fanno BLAM!
Cia
A
Peccato non sia altrettanto comodo sostituirli quando fanno BLAM!
Cia
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Ma scusa... che reostato deve avere? enorme! secondo quello che ho capito io, e a quanto sembra anche secondo Antonio, non c'è nessun reostato. Per variare la tensione si modifica il livello di insterimento del nucleo del trasformatore nelle bobine.Messaggio inserito da ken
Il reostato esiste però nei raddrizzatori che hanno un semplice ponte a diodi per raddrizzare la corrente. Il reostato varia la tensione all'ingresso del ponte in modo da alzare o abbassare la corrente.
R rimane fisso, cambia V che è proporzionale a I
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l'ho preso sul sito della Irem
Clicca per ingrandire l'immagine: 6,6 KB
1. Remote control switch
2. Transformer with adjust magnetic shunt
3. rectifier
4. filter and inrush current limiter
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1. Remote control switch
2. Transformer with adjust magnetic shunt
3. rectifier
4. filter and inrush current limiter
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Innanzitutto complimenti a TobiaScapin per il conseguimento del patentino.
Per ottenere la regolazione del raddrizzatore “tradizionale”, ossia a trasformatore e ponte a diodi, in genere si ricorre a due metodi estremamente semplici: regolazione meccanica o regolazione elettrica. Vediamole brevemente:
regolazione meccanica : mediante un sistema a vite di solito manovrabile con un volantino o una grossa manovella si fa realmente spostare una massa metallica (di solito parte del nucleo) costituente il pacco lamellare del trasformatore. Tale sistema di regolazione prende il nome di “traferro mobile” e sfrutta il principio della variazione della reattanza; sistema, tra l’altro, comunemente impiegato per regolare la corrente nella saldatrici ad arco.
Regolazione elettrica:
a) sull’avvolgimento induttore o primario : l’avvolgimento in questione è di tipo “multipresa”, ossia ha un punto unico di inizio (solitamente 0 –zero-) e più punti terminali corrispondenti a più tensioni di alimentazione (380, 385, 390, ecc) e mediante un commutatore elettrico a scatti si applica la tensione di rete tra lo zero ed uno di questi punti, detti prese intermedie. Il commutatore impiegato deve essere in grado di sopportare correnti almeno di 10-15 A
b) sull’avvolgimento indotto o secondario : funziona esattamente come il caso precedente con l’unica diversità che in questo caso tra lo –zero- e il punto selezionato è presente l’uscita che viene poi applicata al ponte raddrizzatore vero e proprio, per poi essere impiegata dall’utilizzatore. Il commutatore usato deve essere in grado di sopportare correnti almeno di un centinaio di ampere.
c) mista : si utlizzano entrambe le combinazioni e i commutatori presenti sono minimo due.
Nei sistemi switching, molto in breve, tramite un potenziometro si controlla in tensione un oscillatore che risponde variando la frequenza. Tale segnale, debitamente amplificato viene applicato ad un trasformatore d’impulsi che risponde generando in uscita una tensione ed una corrente dipendenti dalla frequenza di pilotaggio. L’uscita poi si applica a diodi rettificatori detti “diodi veloci o rapidi” ( i classici diodi impiegati per la 50 Hz non andrebbero bene), ed ecco la corrente continua per l’utilizzatore.
Per quanto riguarda invece l’utilizzo di reostati, ebbene si, anche loro sono stati impiegati, ma allora non c’erano i raddrizzatori statici bensì i convertitori rotanti. Tali convertitori rotanti, impiegati soprattutto al tempo dei mitici carboncini, altro non erano che dinamotori. Ossia macchine elettriche rotative per metà motore e per l’altra metà dinamo. Con un reostato (a filo di nikel-cromo o nikel-costantana) si faceva variare il campo di eccitazione nella dinamo che rispondeva, appunto, generando maggiore o minore tensione/corrente.
ciao - alvaro
Per ottenere la regolazione del raddrizzatore “tradizionale”, ossia a trasformatore e ponte a diodi, in genere si ricorre a due metodi estremamente semplici: regolazione meccanica o regolazione elettrica. Vediamole brevemente:
regolazione meccanica : mediante un sistema a vite di solito manovrabile con un volantino o una grossa manovella si fa realmente spostare una massa metallica (di solito parte del nucleo) costituente il pacco lamellare del trasformatore. Tale sistema di regolazione prende il nome di “traferro mobile” e sfrutta il principio della variazione della reattanza; sistema, tra l’altro, comunemente impiegato per regolare la corrente nella saldatrici ad arco.
Regolazione elettrica:
a) sull’avvolgimento induttore o primario : l’avvolgimento in questione è di tipo “multipresa”, ossia ha un punto unico di inizio (solitamente 0 –zero-) e più punti terminali corrispondenti a più tensioni di alimentazione (380, 385, 390, ecc) e mediante un commutatore elettrico a scatti si applica la tensione di rete tra lo zero ed uno di questi punti, detti prese intermedie. Il commutatore impiegato deve essere in grado di sopportare correnti almeno di 10-15 A
b) sull’avvolgimento indotto o secondario : funziona esattamente come il caso precedente con l’unica diversità che in questo caso tra lo –zero- e il punto selezionato è presente l’uscita che viene poi applicata al ponte raddrizzatore vero e proprio, per poi essere impiegata dall’utilizzatore. Il commutatore usato deve essere in grado di sopportare correnti almeno di un centinaio di ampere.
c) mista : si utlizzano entrambe le combinazioni e i commutatori presenti sono minimo due.
Nei sistemi switching, molto in breve, tramite un potenziometro si controlla in tensione un oscillatore che risponde variando la frequenza. Tale segnale, debitamente amplificato viene applicato ad un trasformatore d’impulsi che risponde generando in uscita una tensione ed una corrente dipendenti dalla frequenza di pilotaggio. L’uscita poi si applica a diodi rettificatori detti “diodi veloci o rapidi” ( i classici diodi impiegati per la 50 Hz non andrebbero bene), ed ecco la corrente continua per l’utilizzatore.
Per quanto riguarda invece l’utilizzo di reostati, ebbene si, anche loro sono stati impiegati, ma allora non c’erano i raddrizzatori statici bensì i convertitori rotanti. Tali convertitori rotanti, impiegati soprattutto al tempo dei mitici carboncini, altro non erano che dinamotori. Ossia macchine elettriche rotative per metà motore e per l’altra metà dinamo. Con un reostato (a filo di nikel-cromo o nikel-costantana) si faceva variare il campo di eccitazione nella dinamo che rispondeva, appunto, generando maggiore o minore tensione/corrente.
ciao - alvaro
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Regolazione Raddrizzatore
Quando ho visto "Alvaro" come risposta mi sono detto "ora chiarisco i miei dubbi"
Grazie per la solita esauriente risposta!
Quindi i vecchi raddrizzatori avevano delle correnti di uscite prefissate, non avevano la regolazione continua come quelli attuali... Interessante.
Ciao!
A
Grazie per la solita esauriente risposta!
Quindi i vecchi raddrizzatori avevano delle correnti di uscite prefissate, non avevano la regolazione continua come quelli attuali... Interessante.
Ciao!
A
Regolazione Raddrizzatore
Si Antonio, i valori erano prefissati.
Gli Irem a trasformatore e gli switching li conosciamo tutti, ma vediamone uno veramente "vecchio": tanto alcune foto chiariscono il concetto e "arrichiscono la discussione". Poi metterò anche le foto di un vecchio "dinamotore" (se le ritrovo).
Raddrizzatore a trasformatore WESTINGHOUSE: 23,74 KB
commutatori di regolazione: 76,69 KB
collegamento dei commutatori: 106,44 KB
il trasformatore: 70,4 KB
sulla destra sono visibili i fili verdi provenienti dai commutatori
piastra diodi: il raddrizzatore vero e proprio: 107,31 KB
ciao - alvaro
Gli Irem a trasformatore e gli switching li conosciamo tutti, ma vediamone uno veramente "vecchio": tanto alcune foto chiariscono il concetto e "arrichiscono la discussione". Poi metterò anche le foto di un vecchio "dinamotore" (se le ritrovo).
Raddrizzatore a trasformatore WESTINGHOUSE: 23,74 KB
commutatori di regolazione: 76,69 KB
collegamento dei commutatori: 106,44 KB
il trasformatore: 70,4 KB
sulla destra sono visibili i fili verdi provenienti dai commutatori
piastra diodi: il raddrizzatore vero e proprio: 107,31 KB
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Ma le regolazioni immagino andavano fatte a lampada spenta...
Vedendo quella piastra diodi mi viene in mente che fortuna che ebbi quella volta che cambiai tutti i diodi ad un IREM (mi consigliarono di metterli un po' più grossi) e solo dopo aver rimontato tutto e PROVATO mi resi conto che mancava, d'installazione, una rondella di isolamento. Per tutto il tempo il diodo era rimasto isolato dalla vernice del dissipatore..... :shock: Per grazia di qualcosa non successe nulla, solo che non partiva l'accenditore e io mi insospettii moltissimo!!!!
Cia
A
Vedendo quella piastra diodi mi viene in mente che fortuna che ebbi quella volta che cambiai tutti i diodi ad un IREM (mi consigliarono di metterli un po' più grossi) e solo dopo aver rimontato tutto e PROVATO mi resi conto che mancava, d'installazione, una rondella di isolamento. Per tutto il tempo il diodo era rimasto isolato dalla vernice del dissipatore..... :shock: Per grazia di qualcosa non successe nulla, solo che non partiva l'accenditore e io mi insospettii moltissimo!!!!
Cia
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Grazie mille Alvaro,
noi in cabina abbbiamo un raddrizzatore per la macchina a carboni con più uscite alla bobina secondaria, simile a quello che tu hai fotografato.
Perchè non si può regolare a lampada accesa? In effetti usando la P30 a carboni non ho mai regolato la corrente.
Bisognerebbe fare una errata corrige del manuale
<h3></h3>
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noi in cabina abbbiamo un raddrizzatore per la macchina a carboni con più uscite alla bobina secondaria, simile a quello che tu hai fotografato.
Perchè non si può regolare a lampada accesa? In effetti usando la P30 a carboni non ho mai regolato la corrente.
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E' una mia idea... Sono commutatori, per quanto potenti interromperebbero il flusso di corrente per un istante, o no?
Ciao
A
Ciao
A
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in effetti... quindi poi dovresti riinnescare l'arco!!!
Beh, ma potrebbe sempre esserci un pacco condensatori per supplire a questa mancanza... anche se in effetti dovrebbe avere dimensioni stratosferiche (1GF ???).
Antonio mi hai suscitato la curiosità! Appena posso provo a far partire l'arco a vedere se regolando si spegne.
Probabilmente come dicevi prima le regolazioni si dovevano fare da lampada spenta.
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Beh, ma potrebbe sempre esserci un pacco condensatori per supplire a questa mancanza... anche se in effetti dovrebbe avere dimensioni stratosferiche (1GF ???).
Antonio mi hai suscitato la curiosità! Appena posso provo a far partire l'arco a vedere se regolando si spegne.
Probabilmente come dicevi prima le regolazioni si dovevano fare da lampada spenta.
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Io non conosco quel genere di apparecchiature ma non è che magari NON va fatto a carboni accesi?
Io aspetterei conferme prima di provare!
Cia
A
Io aspetterei conferme prima di provare!
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Se non mi faccio piu' vivo significa che NON si deve fare a carboni accesi...
Scherzo! :p
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Regolazione Raddrizzatore
Parlando dei raddrizzatori con regolazione a commutatore:
Si potevano regolare anche ad arco acceso: anzi, era consigliabile.
Potete fare direttamente la prova: accendete l'arco (carboni o xenon è indifferente)
1) lentamente e delicatamente fate compiere uno scatto al commutatore, accompagnano la manopola fino a scatto avvenuto: l'arco probabilmente vi si spegnerà.
2) velocemente e rapidamente fate compiere uno scatto secco e deciso al commutatore: l'arco avrà sfarfallato un istante ma non si sarà spento.
Varie cause concorrono: magnetismo residuo, capacitori di filtro e livellamento, extratensione impulsiva dovuta all'istantanea apertura e subitanea richiusura del circuito di alimentazione, inerzia dell'arco stesso, ecc. Nel caso (1) l'intervallo di tempo che trascorre tra l'apertura di un contatto e la chiusura del successivo nel commutatore può corrispondere ad uno spegnimento e riaccensione del raddrizzatore; nel caso (2) la sequenza aperura-chiusura è talmente "rapida" che l'arco, come detto, traballa un pochino ma non si spegne per via dei fattori che intervengono.
ciao - alvaro
Si potevano regolare anche ad arco acceso: anzi, era consigliabile.
Potete fare direttamente la prova: accendete l'arco (carboni o xenon è indifferente)
1) lentamente e delicatamente fate compiere uno scatto al commutatore, accompagnano la manopola fino a scatto avvenuto: l'arco probabilmente vi si spegnerà.
2) velocemente e rapidamente fate compiere uno scatto secco e deciso al commutatore: l'arco avrà sfarfallato un istante ma non si sarà spento.
Varie cause concorrono: magnetismo residuo, capacitori di filtro e livellamento, extratensione impulsiva dovuta all'istantanea apertura e subitanea richiusura del circuito di alimentazione, inerzia dell'arco stesso, ecc. Nel caso (1) l'intervallo di tempo che trascorre tra l'apertura di un contatto e la chiusura del successivo nel commutatore può corrispondere ad uno spegnimento e riaccensione del raddrizzatore; nel caso (2) la sequenza aperura-chiusura è talmente "rapida" che l'arco, come detto, traballa un pochino ma non si spegne per via dei fattori che intervengono.
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Regolazione Raddrizzatore
Ero convinto che bastasse un istante per far cedere l'arco...
Cia
A
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Regolazione Raddrizzatore
Teniamo presente che l'arco elettrico è abbastanza stabile per sua natura. Certo, è sufficiente un "niente" per spegnerlo, ma d'altronde a far scattare un commutatore ci vuole assai poco e comunque anche con i moderni raddrizzatori, quali gli Irem o gli switching o similari a regolazione "morbida" cioè continua, non si è (per fortuna) sempre a regolare l'intensità. Poi, bastava prenderci la mano. Se l'arco elettrico fosse così "pignolo" alla minima fluttuazione della rete elettrica ci ritroveremo sempre con le lampade spente...
Una cosa tuttavia, con i carboncini era più facile che l'arco si spegnesse: ad esempio per il fatto che era raro che tenessero "il passo", ossia che l'avanzamento automatico funzionasse a modino; anche il soffiatore magnetico della lanterna stessa (dispositivo che allontanava la fiamma dell'arco dallo specchio) in determinate situazioni, soprattutto distanza dei carboncini troppo grande, facilitava in un certo qual modo lo spegnimento.
Per fortuna ora tali problemi appartengono al passato (per contro ora potrebbe accadere che pigi il pulsante per accendere la lampada e invece di accendersi ... bum! va in mille pezzi compreso lo specchio se è di vetro.)
ciao - alvaro
Una cosa tuttavia, con i carboncini era più facile che l'arco si spegnesse: ad esempio per il fatto che era raro che tenessero "il passo", ossia che l'avanzamento automatico funzionasse a modino; anche il soffiatore magnetico della lanterna stessa (dispositivo che allontanava la fiamma dell'arco dallo specchio) in determinate situazioni, soprattutto distanza dei carboncini troppo grande, facilitava in un certo qual modo lo spegnimento.
Per fortuna ora tali problemi appartengono al passato (per contro ora potrebbe accadere che pigi il pulsante per accendere la lampada e invece di accendersi ... bum! va in mille pezzi compreso lo specchio se è di vetro.)
ciao - alvaro
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Vero. Mi è capitato di proiettare mentre fuori era in corso un temporale fortissimo. Nella mia zona è facile che con tuoni e lampi la corrente vada via per una frazione di secondo. E' successo che la corrente sia mancata per quel tanto che basta da notare lo spegnimento dei neon in cabina, ma i proiettori non hanno fatto una piega e le lampade non si sono spente.Se l'arco elettrico fosse così "pignolo" alla minima fluttuazione della rete elettrica ci ritroveremo sempre con le lampade spente...
Ciao
Pacc
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Una volta mi è capitato che in sala si sono accese per un istante le luci di emergenza per un improvviso calo di tensione ma la proiezione è continuata imperterrita. Sono venuto a conoscenza dell'accensione delle luci solo quando me l'ha detto la maschera in sala
Mauro
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